Tra Network e Pittura
Un'analisi della desoggettivazione nella pratica artistica
di Claudio Parrini
La questione rimane la realizzazione di un'opera d'arte totale,
intesa come territorio libero, neutro; anche il soggetto, l'io
dell'autore, non deve far parte di questa zona. Non deve esserci una
regia. Un soggetto costitutivamente attento alle differenze individuali
ed aperto alla costruzione collettiva di un ulteriore spazio di
conoscenza liberato dal dispotismo autoriale. Per la creazione artistica
occorre attivare un meccanismo che sia già nello stesso tempo un
cosciente atto critico.
Questo annullamento della soggettività è direttamente connesso quindi
alla de-ri-territorializzazione dell'opera. Si tratterà sempre di una
ricerca di un non-luogo.
Cercherò in questa sede di affrontare la mia analisi verificando il
mio lavoro di artista, che si esplica nel fare Network (esperienza
comunitaria) e nel fare Pittura (esperienza privata).
Il fare Network che consiste nella realizzazione di luoghi di
comunicazione, nella possibilità di produrre coesioni di pensiero ed
esperienza (nel caso personale il lavoro svolto con il gruppo
StranoNetwork, l'operazione della Minimal TV, le diverse attività svolte
nei centri sociali e spazi autogestiti in generale, tutti i progetti,
interventi ed azioni, di tipo individuale e collettivo effettuate in
Rete) risponde ad un'esigenza di far convergere le forze, ed anche le
debolezze, di captare ciò che sono le intensità ed i pensieri comuni e
viceversa le dissonanze, le differenze.
Il fare Pittura viene vissuto interamente come interrogazione della
pittura nelle diverse modalità. Nel senso di usare questa pratica di
carattere intimistico ( dipingendo dei quadri oppure semplicemente
parlando di pittura; ma non è questo il dilemma), come zeppa per
rincalzare o scalzare un fenomeno di natura filosofica ed ontologica.
"Panofsky mostra che i 'problemi' della pittura, quelli che
magnetizzano la sua storia, vengono spesso risolti per vie traverse, non
lungo la linea di ricerca che le aveva inizialmente posti, ma quando i
pittori, al fondo di un vicolo cieco, sembrano dimenticarli e si
lasciano attirare altrove, e poi improvvisamente, in piena diversione,
li ritrovano e superano l'ostacolo" 1 .
Vorrei porre l'allargamento del problema nei termini non solo, come
diceva Cézanne "di pensare in pittura", bensì "di essere in pittura", di
"non essere in pittura".
Il fatto essenziale comune a queste due pratiche artistiche (Network e
Pittura), riguarda la problematica del soggetto (autore). Non parlerei
di modificazione della soggettività, ma di un vero e proprio tentativo,
scopo, di annientamento della soggettività. Non ci dovremo più porre la
domanda che riguardi la riconoscibilità o meno dell’ artista, rimarrà
sempre un mero sterile gioco di parole. Ciò che interessa è la
produzione della “cosa”, dell'opera d'arte. Il soggetto dovrà superarsi
divenendo infinitamente piccolo, nell'esperienza comunitaria del fare
Network ; oppure infinitamente grande, nell'esperienza singola della
Pittura.
Tra i logoi di Zenone di Elea quello sulla “grandezza” mi sembra
indicativo. Ecco come Simplicio riporta la conclusione del secondo
frammento di Zenone: “Così se gli esseri sono molti, è necessario che
essi siano tanto piccoli quanto grandi: piccoli in modo da non possedere
grandezza, grandi così da non essere definiti” 2.
Sempre sul concetto di grandezza, Nietzsche: “Più grande tra tutti sarà
colui che può essere il più solitario, il più nascosto, il più diverso,
l’uomo al di là del bene e del male, il signore delle proprie virtù,
ricco quant’altri mai di volontà; questo appunto deve chiamarsi
grandezza: poter essere tanto multiforme quanto intero, tanto esteso
quanto colmo” 3.
L’essere-molteplici e allo stesso tempo l’essere-uno.
Carmelo Bene, nel teatro, individua il termine "essere un capolavoro"
(anche il mancato "capolavoro") per negare l'autorialità di qualche
cosa, di un'opera d'arte. Bisogna divenire dei relitti (eccellenti), nel
senso latino, relictus (da relinquo): relitto che sta per abbandonato,
lasciato; meglio ancora se inteso come disciolto, deserto.
Noi non potremo mai essere autori di un'opera d'arte, non saremo mai
un'opera d'arte; noi abbiamo un'opera d'arte, perché non siamo. Ecco che
il soggetto deve essere sublime perché non deve poter essere
"riconosciuto", come artista o non artista. L'annullamento
dell'Io/Artista creerà una grandiosità che non sarà uguale che a se
stessa; il grande esclusivo. Del resto si può mettere una "cornice" al
sublime ?
Il networking, indicato come uno stile della comunicazione, ha come
prerogativa l'organizzazione di uno spazio "indeterminato" (aria,
deserto, telefono, accampamenti dei nomadi, reti telematiche) dove
prevalgono le situazioni, le ipotesi, le aspirazioni, a dispetto di uno
spazio "assoluto" che prevede un modello formale, previsto, prospettico.
Per restare nel campo dell'arte ci può essere chiaro in merito pensare
al divario esistente tra uno spazio autogestito ed una galleria d'arte.
Tutto ciò che viene prodotto all'interno di uno spazio autogestito:
fanzine, libri, cassette, video, quadri, convegni, graffiti, azioni,
performance, reading, CD-Rom... risponde a delle esigenze spontanee di
espressività, di comunicazione, al desiderio incondizionato di veicolare
un sapere. Si verifica un continuo interscambio delle conoscenze,
distinto da un positivo aspetto polisemico. Ecco che temi come la tutela
della privacy, il diritto d'autore, l'anonimato, la crittografia
(argomenti più volte trattati nelle comunità virtuali) vengono a
connettersi con l'insieme di questioni che riguardano la creatività,
l'arte. Nella galleria d'arte gli "oggetti" presentati dagli artisti
mancano di questo spirito libero ; la maggiore preoccupazione è quella
di far sì che i prodotti siano garantiti come artistici, abbiano un
autore.
Assistiamo ad un rafforzamento della soggettività, ad un pagamento di
penali a scapito dello sviluppo e della circolazione delle istanze.
Questo spesso per rispondere a delle logiche puramente mercantili e
speculative.
Il networking come pratica artistica, di creare spazi "aperti", si
scontra dunque con quei luoghi "chiusi" che sono deputati all'arte
ufficiale. Collocare quindi il soggetto (Artista) all'interno del fare
network implica una costante corrosione del suo essere (Io), che ha come
intento quello di praticare una desoggettivazione dell'Io/Artista per
giungere verso la realizzazione di un'opera d'arte totale anonima.
Non si tratta qui di individuare nuove soggettività nel mondo
dell'arte e di identificarle come artisti, ma di permettere che tutti i
soggetti portino dei contenuti (dal mondo della scienza, della politica,
della religione, della filosofia eccetera) alla formazione di un'opera
d'arte de-soggettivata "universale", non riconoscibile solo dal mercato
delle arti.
Bisogna riprendere ad esaminare il concetto di monade per quanto
riguarda l'analisi della Pittura, del rapporto soggetto-pittura.
L'integrazione di Heiddeger nei riguardi del pensiero di Leibniz ci può fornire un aiuto.
La monade non deve più essere una finestra sul mondo (quadro) dove
entri ed esca qualcosa, occorre racchiudere tutto il mondo nel soggetto
perché il soggetto si annulli ; l'Esserci (monade/finestra/quadro),
secondo Heiddeger è gia aperto e accessibile da-in tutte le direzioni.
Il quadro se deve esistere come finestra, "un quadro ha ancora un
modello esterno, è ancora una finestra" diceva Deleuze, non deve
incorniciare il mondo ma se stesso 4.
L'atteggiamento monadico del pittore è inteso nel dipingere una
finestra tanto grande da non poter più inquadrare il mondo, il pittore
dovrà rappresentare la propria imponenza, il proprio superamento ; dovrà
incorniciarsi.
"...Così il ruolo del pittore è quello di delineare i contorni e di proiettare ciò che si vede in lui", sosteneva Max Ernst.
E Merleau-Ponty nel porsi la domanda di perché molti pittori parlano
di essere guardati dagli oggetti, cita André Marchant : "Più volte, in
una foresta, ho sentito che non ero io a guardare la foresta. Ho
sentito, certi giorni, che erano gli alberi che mi guardavano, che mi
parlavano... Io ero là, in ascolto... Credo che il pittore debba
lasciarsi penetrare dall'universo, e non volerlo penetrare..." 5. “La monade è libera perché la sua azione è il risultato di ciò che passa attraverso di lei e in lei avviene” 6.
“Il barocco è materia non interamente liberata eppure nei suoi spazi si
ha la sensazione di una libertà pienamente raggiunta, tanta è l’arte
meravigliosa di accogliere, di ospitare, in quel non terminato che
racchiude e invita al riposo. Io soffro, dice l’architettura barocca, ma
tu nei miei atrii e sotto le mie cupole sarai un ospite beato” 7.
Non sarà più il pittore a creare un punto di vista, ma il punto di
vista individuato da un a-soggetto a far venire a sé tutti i "pittori".
Occorre attivare un processo che renda rizomatico il punto di vista. La
pittura stessa creerà il punto di vista. La pittura deve essere
amplificata in modo tale che nemmeno l'autore abbia gli occhi per
vederla. Non dobbiamo trovare dentro un quadro altro che zucche svuotate
; citando Bacon, "... un deserto, come fosse il Sahara".
E cosa c'è più libero di un territorio come il deserto ?
Il mio amore per la pittura mi ha sempre spinto verso quelle forme
pittoriche che si prefiggono di superare, di sfondare l’atto
comunicativo, che stanno al di qua e al di là del "linguaggio" della
pittura.
Sono attratto da quei bei dipinti "sbagliati", "mancati", il manque
come direbbe Derrida; è il caso degli EX-VOTO e dell’ARTE DA TRATTORIA
(quadri di dimensioni solite cm. 50x70, 30x40, tecnica ad olio o
tempera, raffiguranti scene tipiche: paesaggi, nature morte, velieri,
pagliacci ec., che servono da arredamento, che si comprano dai
mobilieri, grandi magazzini, fiere del piccolo antiquariato…) 8. Stili in cui si intravede un segnale di riconoscimento del non-luogo della pittura.
Il caso dell’ arte da trattoria è emblematico; il termine “da
trattoria” qui non ha alcun significato spregiativo. Esso non fa che
individuare terminologicamente un fenomeno positivo che rappresenta un
certo stile della pittura. E’ pittura. E’ la possibilità di
rappresentare tutto senza alcuna appropriazione preliminare della cosa
da rappresentare, non c’è la pretesa di svelare alcunché se non il
fatto-mistero pittura. E’ neutrale.
L’arte da trattoria, che è alla portata di tutti, non solo garantisce
una comprensione autentica, ma diffonde una comprensione indifferente,
per la quale non esiste più nulla di incerto.
L’arte da trattoria cerca, attraverso la sua funzione pratica, di
sfuggire alle questioni di qualità estetica (l’apporto individuale nel
senso più deleterio) per tentare di garantire alla pittura una funzione
sociale pubblica. Nelle pratiche artistiche del mondo telematico
antagonista c’è un continuo spostamento del mirino nei riguardi
dell’azione sociale a prescindere, spesso, da ciò che abbia a che fare
con il “bello”.
Il concetto di autore conta poco se raffrontato all’efficacia di un
progetto (si pensi ad un netstrike o ad una manipolazione collettiva in
rete di un’immagine 9 ); così come non conta molto chi-fa-l’opera nel campo dell’arte da trattoria.
Mi sembra che nei casi specifici sopra brevemente indicati, di pittura
e di network, ci sia una tendenza in comune: cioè il fatto di
preoccuparsi di lasciare l’opera d’arte a quella che è tralasciando
l’interesse al soggetto(i) che la realizza.
1999 C.Parrini
NOTE
(1) M. Merleau-Ponty, L'Oeil et l'Esprit, (1964), trad. it. L'Occhio e lo Spirito, SE, Milano 1989, p. 62.
(2) Giorgio Colli, Zenone di Elea, Adelphi, Milano 1998, p.87
(3) Friedrich Nietzsche, Jenseits von Gut und Böse, (1886), trad. it
Al di là del Bene e del Male, Adelphi, Milano 1978 (2° ediz.), p. 122.
(4) Vedi Gilles Deleuze, Le pli. Leibniz et le Baroque, (1988), trad.
it La piega. Leibniz e il Barocco, Einaudi, Torino 1990, in particolare
il cap. II.
(5) M. Merleau-Ponty, L'Oeil et l'Esprit, op. cit., trad. it. p. 26.
(6) Gilles Deleuze, Le pli. Leibniz et le Baroque, op. cit., trad. it. p. 110.
(7) Guido Ceronetti, Un viaggio in Italia, Einaudi, Torino 1983, p. 133.
(8) Rimando al lavoro condotto dal sottoscritto e Francesco Galluzzi in: Internet,
<www.dada.it/stranet/town/arte/freeart/parrini/tratto/tratto.htm>
Rivista “La Stanza Rossa”, Edizioni dell’ortica, Bologna, anno 7°, N° 27, 1998.
(9) Ho trovato molto interessante, per la sua semplicità il lavoro di di Olivier Auber, Poietic Generator
/Générateur Poïétique, a cura di Olivier Auber, <www.infres.enst.fr/~auber/> |